lunedì 18 gennaio 2010

Terremoto ad Haiti: migliaia i dispersi

Devastata da quattro scosse tremende - la prima, più forte, di 7.0-7.3 gradi Richter - nel pomeriggio di ieri (poco prima della mezzanotte italiana), la capitale di Haiti Port-Au-Prince, due milioni di abitanti, si è trasformata in un attimo in una distesa di rovine, un'enorme nube grigia di polvere con migliaia di persone inghiottite sotto le macerie. Con il calare della notte, mentre i soccorritori hanno cominciato a reagire in ordine sparso, la città è diventata una macchia di oscurità totale, popolata di spettri accasciati sulle strade senza sapere dove andare. L'ipocentro delle quattro scosse è stato ad appena 10 chilometri di profondità. Ravvicinati gli epicentri, tutti in terraferma e nelle vicinanze della capitale: a 15 km a sud-ovest la prima, a 25 km. a ovest-sud-ovest la seconda e la terza, a 30 km. a sud ovest la quarta.

"Tutto ha ballato, la gente urla, le case hanno cominciato a crollare. Il caos è totale" ha detto un giornalista della Reuters sul posto. Con il passare delle ore le dimensioni del disastro, subito definito da fonti americane "un'enorme catastrofe", assumono contorni sempre più tragici: i morti e dispersi nella sola Port-Au-Prince si conterebbero già a migliaia. Nulla si sa per ora del resto del paese: comunicazioni telefoniche interrotte, nessun straccio di notizia arriva dalle fonti ufficiali di un governo paralizzato e impotente. "Parlare di centinaia di vittime - ha commentato amaro il dirigente di un'organizzazione di volontariato - assomiglia ad una pietosa sottovalutazione". A seminare la morte gli edifici più alti e più, in teoria, moderni: crollati come cartapesta ospedali, il palazzo presidenziale, vari ministeri, hotel cosiddetti di lusso nel paese più povero delle Americhe, edifici per uomini d'affari, grandi magazzini. Anche il Quartier generale della missione militare e civile dell'Onu, che nel paese disloca ben 9.000 uomini - 7.000 militari e 2.000 poliziotti - è stato quasi raso al suolo. "Siamo tremendamente preoccupati - ha detto un portavoce dell'Onu -. Moltissimo il personale disperso, con cui non riusciamo a stabilire alcun contatto". L'enormità della catastrofe ha fatto scattare la solidarietà internazionale. A cominciare dagli Stati Uniti, il paese più coinvolto, nel bene e nel male, nella tragedia di un paese da decenni in preda alla povertà, alla dittatura e a governi eletti dal voto popolare spesso corrotti e incapaci: il presidente Barack Obama e la segretaria di stato Hillary Clinton hanno promesso aiuti immediati.
Anche l'Italia si è mobilitata. E la Banca mondiale ha promesso l'invio di una missione di esperti per valutare i danni e stilare piani per la ricostruzione del paese.


Queste è una delle tante notizie ANSA pervenute alle varie testate giornalistiche subito dopo la drammatica calamità naturale che ha colpito Haiti. In realtà il bilancio sarà pesantissimo, si temono 200.000 vittime o più. In questo momento il mio pensiero va a quelle persone che non hanno più nulla.

lunedì 11 gennaio 2010

A Totti la cintura nera di TaeKwonDo

Una cintura nera di Taekwondo, un amuleto per battere la Sampdoria: Francesco Totti ha ricevuto a Trigoria visita ed omaggi della Nazionale italiana della disciplina marziale. La cintura è stata donata dalla rappresentativa Juniores e Cadetti: il Capitano ha indossato anche il Dobok, la divisa dell’arte coreana. Poi una promessa: “Domani indosserò la vostra divisa sotto la maglia giallorossa e se mi porterà fortuna la mostrerò“.

Juventus-Milan 0-3, il ritorno dei campioni

Il Milan si impone per 3-0 sulla Juve nel big match della 19a giornata di Serie A. Decidono le reti di Nesta e la doppietta di Ronaldinho. Continua dunque il periodo no della Juve che dà l'addio al sogno scudetto

Sarà una settimana di passione per la Juve che, sconfitta davanti al suo pubblico dal Milan per 3-0, esce dai giochi. Con la consapevolezza che in caso di sconfitta, avrebbero dovuto dire addio allo scudetto, i bianconeri iniziano la partita con grande grinte, riuscendo a chiudere il Milan nella sua metà campo. Già al 13', la Juve sfiora il gol del vantaggio: Diego riceve sulla corsia di sinistra, si accentra e prova il diagonale, senza però riuscire a chiudere bene l'angolo. I rossoneri cercano di superare la linea di centrocampo, ma la difesa della Juve, ottimamente guidata dalla coppia centrale Chiellini-Cannavaro, non fa passare nemmeno uno spillo. La partita, almeno nei primi minuti, non è all'altezza delle aspettative: troppo il nervosismo in campo, davvero tante le interruzioni, il tutto condito da una nebbia fastidiosa e da un freddo che di certo non aiuta la muscolatura dei giocatori in campo. E così si arriva alla mezz'ora senza vivere grandi emozioni. Ma è a quel punto che il match si accende: sugli sviluppi di un calcio d'angolo battuto da Pirlo, vanno a farfalle Poulsen, Felipe Melo e Manninger. Nesta (nella foto AP/LaPresse) ne approfitta e con una deviazione sottoporta segna il gol del vantaggio milanista. Nonostante le condizioni del campo siano molte buone, le azioni più pericolose nascono su calcio piazzato. E' il 39' quando, sugli sviluppi di un corner, la Juve va vicinissima al gol del pareggio, complice una grave disattenzione di Gattuso, decisamente troppo lento nel liberare la sua area. Per sua fortuna, Dida ci mette una pezza, confermando di aver superato il suo periodaccio. La risposta del Milan arriva subito dopo con un gran colpo di testa di Dinho, deviato da Poulsen in calcio d'angolo. Corner che si conclude con un nulla di fatto. Nella ripresa le due squadre tornano in campo con gli stessi 11 del primo tempo ed esattamente come nella prima ferazione, ad andare all'attacco è la Juve che dopo 70 secondi sfiora la rete dell'1-1 con Chiellini che di testa manca di un soffio l'appuntamento con la sfera. Al 15' della ripresa, arriva il momento di Alex Del piero, entrato al posto di Salihamidzic. Con il suo capitano in campo, la Juce acquisisce maggior sicurezza, ma è tutto inutile. Al 71', infatti, Ronaldinho, (eh sì, giocava anche lui), di testa realizza la rete del 2-0. Per i tifosi della Juve è la goccia che fa traboccare il vaso: gli storici degli spalti, al grido di A lavorare, andate a lavorare abbandonano lo stadio e, forse, anche la loro squadra che ha sì perso, ma non ha demeritato. Senza il calore del loro del loro pubblico, nel freddo di Torino, la Juve capitola ed incassa anche il terzo gol, con la doppietta di Ronaldinho. Il Milan si conferma squadra implacabile, capace di portare a casa il massimo risultato con il minimo sforzo.


domenica 10 gennaio 2010

Alla scoperta di Tony Jaa, il nuovo Bruce Lee

Tony Jaa, nome d'arte di Panom Yeerum (thailandese: พนม ยีรัมย, Khmer: ចាភ្ំ យីរុាំ) (Surin, 5 febbraio 1976), è un artista marziale, attore, coreografo, e regista thailandese. Specializzato in modo particolare nella Muay Thai, nel Krabi Krabong, nel taekwondo, nelle tecniche di spada, nella danza e nella ginnastica.

Nato nella provincia di Surin, a circa 200 chilometri da Bangkok, nella Thailandia Nord-orientale, si appassiona sin da bambino alle arti marziali, ispirato da star del cinema come Bruce Lee, Jackie Chan, Phillip Rhee e Jet Li. Si allena con Panna Rittikrai, regista e coreografo di arti marziali e si iscrive al College di Educazione Fisica di Maha Sarakham, dove si specializza in molte arti marziali, soprattutto nel Krabi Krabong, l'arte marziale tradizionale thailandese che contempla l'uso di tutte le armi bianche e nel taekwondo.

Rittikrai ha in mente di girare un film sulla Mae Mai Muay Thai, versione più antica e tradizionale del Combattimenti a mani nude thailandese. Ma per farlo ha bisogno di atleti eccezionali, per questo spinge Jaa ad esercitarsi sempre di più. Il progetto viene sospeso, ma ormai Jaa decide lo stesso di entrare nel cinema. La sua carriera cinematografica inizia lavorando come stuntman per il film Mortal Kombat: Distruzione totale (1997) di John R. Leonetti. Dopo uno spot pubblicitario al fianco di Sammo Hung, star cinese di primo piano, partecipa di nuovo al progetto di Rithikrai. Insieme, infatti, girano un demo di abilità marziali da proporre a registi e produttori thailandesi. Le capacità di Jaa non sfuggono al regista Prachya Pinkaew. Jaa recita quindi nel suo primo lungometraggio da protagonista: Ong-Bak - Nato per combattere (2003). Jaa ha eseguito tutte le prodezze in questo film senza assistenza meccanica o effetti prodotti al computer. La tecnica di Jaa come artista marziale, come testimoniato in Ong-bak, è straordinaria secondo ogni standard, e gli ha guadagnato molti fan nel mondo intero. La sua estrema popolarità fra i ragazzi americani che lo hanno visto in azione può essere vista come conseguenza della somiglianza fra i suoi movimenti e quelli dei videogiochi di arti marziali. Ha inoltre recitato in un altro lungometraggio, questa volta di Panna Rittikrai, The Protector - La legge del Muay Thai (2005) ma uscito nelle sale italiane solo il 3 agosto 2007. Anche in questo film, Jaa ha dato dimostrazione di grandi doti atletiche e agilità. A dicembre 2008 esce nelle sale Thailandesi e Asiatiche il nuovo lungometraggio di Jaa Ong-Bak 2 - La nascita del dragone, nel quale vengono mostrate le tecniche arcaiche del Muay Thai, della Capoeira, del Wushu, del Taekwondo e del Krabi Krabong. Questo film sembra si incentra su un progetto di Panna Rittikrai, verrà mostrata l'antica danza di combattimento del popolo thailandese, il khan.

wikipedia


giovedì 7 gennaio 2010

Avvistamento U.F.O. a Setteville di Guidonia (RM)



Il giorno 27 Giugno 2009, alle ore 22.45 circa, c'è stato un eccezionale avvistamento U.F.O. nella località Setteville di Guidonia (RM). La ripresa del video è stata fatta con un cellulare tuttavia la qualità è più che buona. Si possono intravedere chiaramente delle luci rosso-arancio che volano in formazione da est verso ovest. Alla fine del filmato si vede addirittura un oggetto triangolare che sembra "scortare" il gruppo verso una destinazione ignota.

U.F.O. e ufologia

La data di nascita dell'Ufologia moderna si fa risalire al 24 giugno 1947, quando il pilota civile americano Kenneth Arnold, sorvolando i monti Rainier, vide nove oggetti volanti a forma di disco solcare il cielo ad una velocità impensabile per il livello tecnico raggiunto a quel tempo. Si stima, infatti, che gli oggetti volassero all'incirca verso i duemila chilometri orari. Tornato a terra, raccontò quanto aveva visto in una conferenza stampa. Uno dei giornalisti presenti nel suo resoconto coniò il termine "flying saucers" (traducibile con "piatti volanti"), che per diversi anni identificò analoghi avvistamenti. In Italia l'espressione venne tradotta con il termine "disco volante", ancora oggi di uso corrente.

La sigla U.F.O., di uso internazionale, significa nella traduzione italiana "Oggetto volante non identificato". Con "fenomeno U.F.O.", invece, si intende l'insieme delle testimonianze di persone che riferiscono di aver visto luci o oggetti che non sono riusciti ad identificare con qualcosa di noto. Sulla nascita e soprattutto la crescita del fenomeno U.F.O. si sono fatte varie congetture che si dividono in buona sostanza fra possibilisti e negazionisti. Senza nulla togliere alla plausibilità della vita su altri mondi, da più parti si è sempre sollevato il problema delle enormi distanze che separano i pianeti, distanze difficilmente superabili anche viaggiando alla velocità della luce (possibilità di per sé che andrebbe contro le leggi fisiche). Ammesso che abbia un senso superarle, queste distanze, visto che si parla in ogni caso di decenni. Da una parte, quindi, chi crede al fenomeno è convinto si tratti realmente, di volta in volta, di astronavi, viaggiatori del tempo, universi paralleli, fenomeni paranormali e così via. Sul piano scientifico, invece, o comunque sul piano delle ipotesi più accreditate, si è avanzata la supposizione dei velivoli sperimentali più o meno segreti (la cosiddetta "ipotesi terrestre"), che facili abbagli possono essere presi a causa di fenomeni atmosferici più o meno sconosciuti (l'"ipotesi naturale"); oppure, che gli interessati siano in qualche modo condizionati in quello che vedono dall'effetto di un pervasivo e suggestivo "mito ufologico". Interpretazione questa che ha dato vita alla cosiddetta "ipotesi sociopsicologica".

D'altro canto, secondo i "possibilisti", allo stato attuale delle conoscenze non esiste prova a favore di nessuna tesi sopra esposta. I dati che si sono potuti raccogliere, a loro parere, sono insufficienti per emettere un verdetto definitivo qualsiasi.

Ad ogni modo, il fenomeno U.F.O., sviluppatosi in pieno clima di guerra fredda, si trasformò in breve da semplice curiosità a tema legato alla sicurezza mondiale tanto che l'Aeronautica Militare americana (USAF), già a partire dal dicembre 1947, iniziò ad occuparsene con una serie di commissioni di studio. Lo scopo (e il segreto timore), era che questi "oggetti non identificati" non fossero altro che qualche arma segreta proveniente da oltre cortina.
La più celebre di queste commissioni fu la "Project Blue Book", uno studio iniziato nel 1951 e conclusosi nel 1969, senza che si fosse pervenuti a dei risultati conclusivi. Ad ogni buon conto, il Project Blue Book portò il primo coinvolgimento ufficiale dell'ambiente accademico nello studio degli U.F.O., passando per l'equipe dell'università del Colorado diretta dal fisico Edward Condon, incaricata dall'USAF di indagare sul fenomeno. Nel 1969, nella loro relazione, il gruppo di studiosi la giungevano alla conclusione che i fantomatici U.F.O. non costituivano una minaccia. Non solo, gli scienziati escludevano anche qualsiasi origine extraterrestre dei fenomeni osservati, concludendo che l'incaponirsi ad approfondire questo genere di cose sarebbe stato del tutto sterile per il progresso scientifico.

Una volta appurato che gli U.F.O. non rivestivano interesse per la Difesa, i militari cessarono di occuparsene e anzi si impegnarono a negare l'esistenza stessa del problema. Abbandonato dai militari e snobbato dagli scienziati, lo studio degli U.F.O. è quindi rimasto affidato esclusivamente agli ufologi: appassionati che si occupano dell'argomento nel loro tempo libero e che spesso si riuniscono in associazioni. Frutto di questo attivismo è l'immane raccolta sistematica dei dati relativi alle segnalazioni degli avvistamenti U.F.O. che avrebbero portato, con l'inizio degli anni 70, alla graduale introduzione di metodologie scientifiche nell'ufologia e il passaggio dalle sole attività di tavolino ad un intervento più attivo sul campo, allo scopo di raccogliere il maggior numero di informazioni sul caso e sviluppare, sulla base di quelle, delle indagini "rigorose".

L'ufologia, infatti non è ancora scienza ma aspira sicuramente a diventarlo.

Facendo un passo indietro e tornando alle testimonianze, bisogna dire che anche se testimonianze antiche e recenti non mancano. Da quel celebre 24 giugno, però, si sono moltiplicati gli avvistamenti in tutto il mondo, in una sequenza eterogenea di testimonianze che non comprendono i soli oggetti volanti. Ad esempio, per dare un'occhiata e limitarci solo al nostro Paese, tra il 1947 ed il 1993 si sono registrati circa trecento resoconti di persone che hanno sostenuto di aver avuto incontri ravvicinati del terzo tipo, ossia contatti diretti con extraterrestri. Si parla invece di incontri ravvicinati del secondo tipo quando si riscontrano effetti sulle persone o sull'ambiente, quali tracce al suolo, piante bruciate, disturbi di tipo elettromagnetico. Oggi come oggi, invece, se si parla di testimonianze generiche, la cifra corretta parla di oltre ventimila avvistamenti nella sola Italia.

mercoledì 6 gennaio 2010

Sgarbi zittisce Travaglio e Santoro



Questo video riguardante la trasmissione "Annozero" del 1° Maggio 2008 vede contrapposto Sgarbi a Santoro e Travaglio. Il buon Vittorio a differenza degli altri due faziosi prima citati porta avanti le sue tesi mediante fatti incofutabili e documentabili. Un piccolo spaccato di quanto sia fazioso e manovrato "Annozero". Tutto reso ancor più grave dal fatto che questo pseudo programma viene trasmesso sulla televisione di stato.

lunedì 4 gennaio 2010

De Magistris, il fallito di successo

Da pm ha sempre perso: ma i continui stop a quei processi inventati gli hanno permesso di vestire i panni della "vittima dei potenti". E vincere così un posto a Bruxelles nell'Idv

Su cosa si misura il successo di un uomo? Su quello che ha fatto. Successo è una parola eufonica, che trasmette un’emozione positiva, che indica il buon risultato dell’azione di una persona determinata. Che ha successo, dunque. Ma è una parola strana, trattandosi di un participio passato sostantivato. Successo discende da succedere. Avere successo non vuol dire altro che è successo qualcosa. Successo, appunto, è quello che è successo. Avendo letto ieri mattina le dichiarazioni di Luigi De Magistris su Berlusconi, inique e preconcette, con l’irritazione mi è venuto immediatamente da pensare, come ogni volta che sento un moralista: da che pulpito parla questo? Cosa ha fatto De Magistris?

L’unica cosa che gli è riuscita è quella che contesta a Berlusconi: fare politica. Avendo ottenuto consenso non per quello che ha fatto ma per quello che non ha fatto, o che ha fatto male. Berlusconi ha raccolto consenso attraverso l’immagine. E De Magistris ha fatto lo stesso attraverso un procedimento più inquietante e pericoloso. Per spiegarlo devo risalire a un reato che non esiste, ma che mi fu configurato, negli anni in cui polemizzavo con Di Pietro e con i magistrati di Mani pulite, da un loro amico e collega, contiguo e indipendente: Italo Ghitti, celebre gip che, in numerose occasioni (credo non sempre), ratificava le richieste di arresto dei pubblici ministeri di Milano. Al culmine dell’azione del più facinoroso di loro, Di Pietro appunto, che si configurò nell’epico scontro con Craxi indicando le due polarità del buono e del cattivo sul modello di Davide e Golia o (nella mentalità più infantile del Di Pietro) di Ginko e Diabolik, Ghitti mi confidò: «Lei, pur nella sua esuberanza, talvolta dice cose condivisibili, ma rimprovera a Di Pietro e ai suoi comportamenti in astratto non emendabili, sulla base delle inchieste o delle dichiarazioni di collaboranti (magari indotti a parlare con la tattica degli arresti). Per essere più efficace dovrebbe rimproverare a Di Pietro il reato più evidente, anche se non formalmente contemplato dal codice: quello di “corruzione di immagine”.

Chiesi chiarimenti. Mi disse (erano i giorni in cui Di Pietro annunciava il suo abbandono della magistratura, misterioso per molti, ma chiarissimo in questa luce), che gran parte delle azioni spettacolari di Di Pietro erano finalizzate a ottenere, per contrasto con la presunta o acclarata disonestà dei potenti, consenso affermando la propria purezza, la propria differenza. Io mostro che Craxi è un ladro, e prendo il suo posto. Così è andata. E così sempre di più appare affermata la posizione politica di Di Pietro rispetto al Partito democratico, nelle stesse forme del Psi di Craxi rispetto alla Dc e anche (nella logica dei due forni, fortemente limitata oggi dal bipolarismo) al Pci. La diagnosi, e ancor più, la previsione di Ghitti, appaiono oggi impeccabili. Ma se l’accusa di ipotetico reato di «corruzione di immagine», e cioè di inchiesta fatta per mettere in cattiva luce l’antagonista e occuparne lo spazio politico, vale per Di Pietro, massimamente vale per le inchieste e la carriera di magistrato di Luigi De Magistris.

Non solo i gravi rilievi contestati dal Csm (e puntualmente confutati da De Magistris), ma l’analisi di tutte le indagini e di tutta l’attività inquirente (con grandi teorie di complotti, P2, massoneria et ultra) porta alla conclusione che nessuno dei perseguiti (per non dire perseguitati) da De Magistris è stato condannato. Archiviazioni, assoluzioni, non luogo a procedere: un’impressionante quantità di fallimenti dopo un grande rumore e spettacolari coinvolgimenti sostenuti dalla grancassa di una televisione asservita al mito dell’eroe solitario e ostacolato da poteri occulti. In realtà presunzioni, insensatezze, sparate accompagnate da un vittimismo televisivo e dal fuoco amico dei Travaglio e dei Santoro. Gli spari hanno procurato feriti, fortunatamente non morti (come è capitato con le inchieste di qualche altro magistrato), ma sono stati i clienti di De Magistris, Prodi, Mastella, Loiero, Cossiga, Sanza, Luongo, Bubbico, De Filippo sul versante prevalente della politica; mentre il collega Vanesio di De Magistris, Henry John Woodcock, si occupava del mondo dello spettacolo, indagando e arrestando illustri personaggi come Vittorio Emanuele di Savoia, Fabrizio Corona, Lele Mora, Flavia Vento, Francesco Totti, Elisabetta Gregoraci, Cristiano Malgioglio.

Insomma, star della politica e dello spettacolo, trasformando Catanzaro e Potenza in capitali dell’azione giudiziaria. Altro che Palermo e Milano. Potenza della noia. Desiderio di successo. Fallimento assoluto delle indagini. Il compito di un magistrato dovrebbe essere, nel desiderio dei cittadini onesti, l’individuazione dei colpevoli. L’obiettivo di De Magistris sembra essere stato quello di creare dei casi, di inventare dei colpevoli importanti e di fare la vittima. Ottenendo l’applauso dei cittadini che odiano i potenti, e godono nel vedere abbattuti i palazzi.

Sarebbe interessante di fronte alla mancanza di responsabilità diretta del magistrato per le sue indagini sbagliate, sentire l’opinione dei parenti delle vittime, per esempio della moglie del senatore Bubbico, che vorrebbe ottenere risarcimento dopo l’infondato sputtanamento. Ma De Magistris non paga. Quello che non può più fare con le inchieste fa con le parole. È un fallito. Ma un fallito di successo.

Il Giornale

domenica 3 gennaio 2010

Enrico Letta contro Di Pietro: con queste parole è il miglior alleato di Berlusconi

"Con questa continua rincorsa Di Pietro e De Magistris portano il centrosinistra nell'abisso e sono i migliori alleati di Berlusconi". Lo afferma il vice segretario del Pd Enrico Letta commentando le parole del leader dell’Idv che aveva definito incauto” il discorso di Napolitano di fine anno a proposito di riforme. "Noi - spiega - continuiamo sulla nostra linea di sostegno e difesa del capo dello Stato e della sua posizione a favore delle riforme e dell'interesse nazionale".

La strada delle riforme, quindi, non è ancora tracciata ma l'Italia dei Valori non perde una battuta per fare terra bruciata attorno ai fautori del dialogo fra i quali continua a tenere nel mirino il Capo dello Stato. Nello stesso tempo, però, le prese di posizioni di Antonio Di Pietro allargano il fossato con il Pd, forza che continua a rimanere presa fra due fuochi: quello dell'intransigenza dipietrista e le sollecitazioni rinnovate della maggioranza a imboccare senza esitazione il confronto parlamentare.

L'ultimo spunto sono state le dichiarazioni del ministro Brunetta, parzialmente rettificate stamane in un programma radiofonico, sull'opportunità di cambiare anche l'articolo 1 della Costituzione. Il leader dell'IdV non si è fatto pregare. Ha aperto il blog e sentenziato così: "Dal punto di vista politico, il 2010 costringe già a disseppellire l'ascia di guerra contro il solito manipolo golpista che vuole stravolgere la Costituzione cavalcando le dichiarazioni del Capo dello Stato, forse incaute visti gli interlocutori".

Non bastasse, Di Pietro ha alzato il tiro contro il discorso di fine anno di Napolitano perché "ha messo 'il vento in poppa alla barca dei pirati' che utilizzerà strumentalmente le dichiarazioni di chi rappresenta le istituzioni per distruggere e mortificare le stesse". Le accuse contro la maggioranza sono quelle note: utilizza il terreno delle riforme, pensando in realtà a risolvere soltanto i problemi giudiziari del premier. Le reazioni della maggioranza sono in qualche modo scontate. Capezzone accusa Di Pietro di perseguire una "strategia eversiva", capo d'imputazione non diverso da quello del ministro Rotondi.

Per Fabrizio Cicchitto le parole di Di Pietro sono la conferma di una "campagna d'odio" mirata, però, a colpire tre bersagli: il primo è Berlusconi; il secondo "é la parte del Pd che vuole condurre contro il governo Berlusconi e la maggioranza una battaglia di opposizione normale"; il terzo bersaglio è il Presidente Napolitano "verso il quale non hanno neanche il dovuto rispetto istituzionale, forse perché non sopportano il ruolo al di sopra delle parti che questo Presidente della Repubblica, diversamente da altri, sta svolgendo".

L'analisi di Cicchitto ha colto in qualche misura nel segno, se è vero che a di Di Pietro ha replicato il vice segretario Enrico Letta per accusarlo "di voler portare il centrosinistra nell'abisso" e in questo caso di essere il "miglior alleato di Berlusconi". Giudizio che rifiuta Osvaldo Napoli. Il vice presidente dei deputati del Pdl rimprovera a Letta di usare "un'immagine falsa e abusata" perché se fosse vero che anche Berlusconi è un'estremista "allora dovrebbe discendere come conseguenza che non vuole le riforme".

Come corollario del suo ragionamento Napoli invita Letta a prendere atto che "Di Pietro non è il miglior alleato di Berlusconi ma è il peggior nemico del Pd e delle riforme necessarie e indispensabili al Paese". Più categorico di tutti è il deputato del Pd Giorgio Merlo: con Antonio Di Pietro "non si costruisce nessuna alternativa".

Tiscali

sabato 2 gennaio 2010

Quando Fini voleva cacciare gli immigrati

Sono passati appena tre anni da quando il presidente della Camera si scagliava contro la proposta di cittadinanza lampo agli stranieri. E diffondeva volantini per sostenere che "cinque anni sono troppo pochi". Maroni: "L'Italia minacciata dal terrorismo in franchising".

L’Italia ha da poco vinto la sua quarta Coppa del mondo e al governo siede da pochi mesi Romano Prodi. Nelle more di una nuova Finanziaria «modello Dracula», il centrosinistra gioca con le regole sull’immigrazione e i ministri Amato e Ferrero varano un ddl che consente agli stranieri di ottenere la cittadinanza in metà tempo: cinque anni anziché dieci. A tre anni di distanza sarà l’anima finiana del Pdl, in combutta col Pd, a riproporre una versione riveduta e corretta di quel ddl. Ma cosa faceva il presidente di An a quel tempo? Nel 2006 Gianfranco Fini ha già rinnegato frasi del tipo «l’Italia agli italiani» e «la società multirazziale è un ibrido meticciato che scatena guerre tra poveri», ma di certo non gli fa piacere vedere scardinata la legge che porta il suo nome e quello di Bossi.
«Mi sembra che cinque anni per consentire agli extracomunitari di conseguire il diritto di cittadinanza siano pochi», dice il 4 agosto di quell’anno. Il Fini del 2006 è un Fini liberal, antesignano dell’odierno presidente della Camera, già pronto ad ammiccamenti con i «rossi» ai quali suggerisce che «sette-otto anni» sono un tempo ragionevole.
Ma la politica preme e l’opposizione si fa anche alzando i toni. E qui Fini e An si ingegnano con una trovata che anticipa di un anno l’invenzione berlusconiana dei gazebo: una petizione popolare con tanto di campagna pubblicitaria. «Basta ApProdi», si legge sui manifesti di Alleanza nazionale e di Azione Giovani, l’organizzazione giovanile guidata da Giorgia Meloni. Su uno sfondo azzurro campeggia il Vlore, il barcone albanese stracarico di immigrati che giunse a Bari nell’estate 1991. Il calembour è incentrato sul nome del presidente del Consiglio che si intende rispedire al più presto a casa. Più sotto, sempre a caratteri cubitali, campeggia «No alla cittadinanza rapida». Del manifesto c’è anche un’altra versione che riporta oltre al logo di An pure quello di Azione Giovani e spiega i motivi per i quali aderire alla petizione: no ai ricongiungimenti facili, no alla chiusura dei Cpt, no alla cittadinanza breve.
Da Varese fino a Reggio Calabria, per diversi mesi, il partito di destra piazza numerosi banchetti per chiedere alla gente di firmare contro il ddl Amato-Ferrero. E Fini, per il quale la campagna elettorale non è mai finita, il 5 settembre ci va giù duro. A Tuoro sul Trasimeno sembra quasi un Bossi in miniatura. «Essere cittadini significa in qualche modo sentirsi figli di una comunità, sentirsi figli di una Patria» (perché quando Fini dice «Patria» si sente la maiuscola; ndr). Poi rincara la dose: «La cittadinanza non è una scorciatoia per l’immigrazione: è la gerarchia dei valori di riferimento che deve essere condivisa. Non possiamo accogliere tutti coloro che vogliono venire qui».
Chissà se Fini in questi giorni organizzerebbe eventi come quelli dell’aprile 2007 quando istituì il comitato Roma sicura contro il degrado della Capitale assediata dai campi nomadi e contro un governo che «fa entrare chiunque lo voglia». Quant’era diverso quel Gianfranco Fini da quello di oggi che fa la star ai congressi del Pd attaccando la Lega che «guarda alla società italiana con lo specchietto retrovisore» e che sull’immigrazione «parte da presupposti sbagliati». Certo, considerata la velocità supersonica con la quale il vecchio «figlio della Lupa» s’è trasformato in un agnellino, può darsi che il 2010 ci riservi nuove e sconcertanti sorprese.

Il Giornale

venerdì 1 gennaio 2010

XMA - Xtreme Martial Arts

Le arti marziali come non le avete mai viste. Dopo "La scienza del combattimento" arriva "XMA - Xtreme Martial Arts", l'ultimo documentario di National Geographic che svela i segreti e sfata i misteri delle migliori arti marziali del mondo, mettendole a confronto con la scienza della fisica e del corpo umano.

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