Cosa posso dire... I sogni, a volte, sono troppo belli per poter dire di riuscire a farli diventare reali. Stavolta però è stato tutto come vivere una favola. Una di quelle favole con un lieto fine talmente bello, tale da dire: "Quanto sarebbe bello essere al posto del protagonista". Pensare e ripensare all'evento che attendi da una vita con un mix di emozioni incredibili, alti e bassi, fiducia e speranze, paura e scoramento, è stata una cosa assolutamente indescrivibile. Per capirla bisogna solo viverla. Una tensione che accumuli mesi prima e che man mano vedi l'evento avvicinarsi crescere sempre di più, fino quasi arrivare ad una crisi di nervi nel momento in cui entri nel palazzetto e lo vedi gremito di folla e di combattenti che vogliono quello che vuoi tu: vincere. La vigilia non è stata facile, 5 ore di viaggio per arrivare a Pesaro e al palazzetto, senza nemmeno avere avuto il tempo di passare all'albergo a posare i borsoni. Anche perché io e Vale abbiamo sbagliato strada e allungato di 100 km sull'itinerario previsto, un'avventura proprio. Sabato 12 gareggiavano i bambini, categorie speranze, cadetti e juniores. E' stato incredibile vederli combattere senza alcun timore prendendo per gioco quello che stavano facendo. Siamo rimasti fino alle 20.00 ad assistere, soprattutto per prendere confidenza con l'ambiente e la folla, dopodiché finalmente prendiamo la strada per raggiungere il tanto agognato albergo. Una notte quasi insonne è stata, un pò per la tensione un pò per la scomodità di quel materasso che era davvero troppo duro oltre a un cuscino che in realtà sembrava un pezzo di stoffa riempito di foglie. Arriva la mattinata leggendaria quindi, è domenica 13 Dicembre. Sveglia alle 7.00, doccia per svegliarsi, colazione e di corsa al palazzetto a pesarsi per la determinazione delle categorie di combattimento, sono le 8.30. Un cambio di programma da parte degli organizzatori ha fatto si che le gare di combattimento, anziché iniziare immediatamente dopo la pesatura, slittassero a verso le 12.00 per far disputare prima le gare di forme. Un bello spettacolo le forme non c'è che dire, ma avrei preferito riposarmi qualche ora in più anche per lo sforzo psico-fisico che mi attendeva da lì a poco. Superata la pausa pranzo di circa un'ora il primo atleta della nostra palestra ad essere chiamato è stato Manuel. Fiducioso, tranquillo, sale sul tappeto e partenza-via devasta il suo avversario con calci girati talmente potenti tali, una volta terminato l'incontro, da far sentire male il suo avversario che si accascia moribondo a terra. La corazza di quest'ultimo si era deformata tanto erano forti i colpi impartitigli da Manuel, una cosa mai vista. Si fanno circa le ore 17.00, sono nervoso, nervosissimo, sono stanco, ho dormito poco e devo ancora iniziare la mia guerra. Mi scaldo nel frattempo, tiro qualche calcio al colpitore, faccio stretching, quando ecco che lo speaker del palazzetto annuncia: "L'atleta Rubeis Andrea, corpetto blu, si prepari al quadrato rosso". Di colpo l'adrenalina schizza all'impazzata, il cuore batte fortissimo, e un istinto killer fa largo nella mia mente. Sono cattivissimo, tirato e guardo tutti male. Teso e cattivo come non mai, accompagnato dal mio maestro Emanuele Ascione, infilo il caschetto e guardando negli occhi il mio avversario, dopo il saluto tradizionale, sfodero un ruggito che ammutolisce il palazzetto. Il mio avversario dopo questa esternazione da pazzo rimane come pietrificato, come a dire: "... Questo è completamente pazzo". Ero memore delle parole che il mio maestro diceva sempre in palestra: "All'avversario dovete urlargli addosso, quando vi vede deve terrorizzarsi. Quando tirate i calci urlate forte per indurgli un shock tale renderlo paralizzato dalla paura". Così ho fatto. Ancora prima di tirare il primo calcio avevo già vinto. Il mio avversario aveva paura, glielo leggevo negli occhi, quasi sempre bassi e attenti a non incrociare i miei che invece lo inquadravano come un obbiettivo. Con una grandissima rabbia e un fortissimo impeto mi scaglio contro il mio avversario. Sento il mio coach che mi dice di adottare la tattica del pressing con l'entra-esci in modo da mandarlo a vuoto e poi colpirlo di gamba dietro. Così ho fatto. L'ho ascoltato e mi ha portato alla vittoria. 10-3 il risultato, K.O. tecnico. Apro una parentesi circa il regolamento: si vince per K.O. (c'è il conteggio come nel pugilato), per K.O. tecnico ossia se c'è un divario di punteggio maggiore di 7 punti, per limite massimo di punteggio raggiunto, che sono 12 punti, o infine per il semplice scadere del tempo regolamentare dei round, che sono 2 da 2 minuti, ciascuno intervallato da 1 di recupero. La prima è andata. Felice come un bimbo di 5 anni abbraccio il mio maestro e i miei amici che durante l'incontro mi hanno incitato e mi hanno fatto un tifo da stadio, è stato molto importante. Grandissimo Valentino che al mio 10-3 (7 punti di distacco e K.O. tecnico) ha cominciato a urlare e saltare, indimenticabile. Cerco di recuperare il più possibile, in quanto è stato un dispendio di energie fisiche e mentali immenso. Purtroppo però, gli organizzatori hanno la bella idea, dopo soli 10 minuti dalla fine del primo combattimento, di farmi combattere subito la semifinale. Penso: "Non ce la faccio, non ce la posso fare, ho speso troppe energie mentre il mio avversario è già un'ora che si riposa". Visto però che sono un guerriero e che è inutile piangersi addosso, indosso ancora una volta tutte le protezioni e mi ripresento sul tappeto rosso. Emanuele mi dice di adottare la stessa identica semplice tattica di prima, in quanto è così che si portano a casa gli incontri, non con le cose complicate, ma con le cose semplici, essenziali ed efficaci. Mi trovo dunque dinanzi una cintura blu, un atleta più alto in grado di me, con 1 anno di palestra in più. Che ragazzi, fidatevi, non è assolutamente poco. Se ripenso a come ero io 1 anno fa e come sono ora, è come il giorno e la notte. Ancora più inviperito di prima, ma con la consapevolezza che ce la potevo fare se ascoltavo i consigli del mio maestro, mi butto nella battaglia. Incredibile ma vero, combatto ancora meglio del primo incontro e liquido con un umiliante 7-0 il mio avversario. Altro K.O. tecnico! Felice, salto e abbraccio tutti quelli che nel frattempo erano accorsi a complimentarsi con me quando sento il mio maestro dirmi: "Ok, bravo, adesso non hai fatto niente, questa gara è finita, pensa alla prossima". A quel punto quasi sbianco, penso: "Ma non ho ancora vinto? Pensavo fosse la finale! Ce n'è ancora un'altra? No...". Torno al mio angoletto, appena fuori il tappeto regolamentare a recuperare. Lì trovo il mio caro amico Valentino, cintura nera 2° DAN, che nel frattempo ha vinto anch'egli la sua gara. Siamo entrambi in finale ed entrambi con le gambe in aria per recuperare. Ci guardiamo, ci facciamo forza l'un l'altro e, da sdraiati, ci diamo la mano come in una delle scene più commoventi dei film. Passano altri 10 minuti e sento ancora il mio nome essere annunciato dallo speaker per lo svolgimento delle finali; Valentino nel frattempo aveva già iniziato il suo incontro. Stavolta a farmi da coach c'era il mio carissimo amico Carlo. Mi mette il ghiaccio spray sul collo, sulla schiena e sui piedi. Si parte! Altro ruggito e altro combattimento all'ultimo sangue con il mio avversario. Sono preciso, chirurgico, tempismo perfetto, comincio a piazzare calci girati a raffica sui suoi fianchi e uno addirittura sul viso. Vinco 7-0! Il delirio! Pazzia pura! Salto ed esulto come un forsennato! Ho vinto l'Oro! Il sogno si è tramutato in realtà! Non potevo chiedere un finale migliore per la mia personalissima favola! Nel frattempo anche Valentino ha vinto la sua finale così corriamo ad abbracciarci tutti; io Valentino, Emanuele, Carlo. Stupendo, davvero stupendo. Abbiamo vinto fuori casa, contro un arbitraggio ostile, attento più a curare gli interessi degli atleti di casa che di quelli provenienti da tutte le altre regioni d'Italia. Siamo stati più forti di tutti.